In entrambi i casi, il design inclusivo è tutto fuorché una barzelletta
- 4 minuti di lettura
- 10 marzo 2020
- kitwan
In entrambi i casi, il design inclusivo è tutto fuorché una barzelletta
Un po’ di tempo fa mi sono imbattuta in un thread su Twitter pubblicato dall’utente in carrozzina “Plant Queer”. Il suo tweet iniziava con “Odio così tanto i bipedi che progettano carrozzine…”, e proseguiva con una carrellata di foto di carrozzine e ausili per la mobilità che a sua detta erano un vero e proprio incubo. Qui ve ne proponiamo qualche esempio:
Quando ho visto le foto per la prima volta, non ho potuto che essere d’accordo con Plant Queer: queste carrozzine e ausili dall’aspetto futuristico sembravano davvero ridicoli e poco pratici.
Eppure la saggezza popolare afferma che “l’abito non fa il monaco”. Così, ho cercato la fonte originale dei prodotti twittati per capire meglio il loro design e le funzioni che offrivano.
Innovazioni dal passato
La prima scoperta interessante che feci fu che queste carrozzine e ausili dal look futuristico non erano così nuovi come pensavo. Alcuni di questi infatti erano stati progettati tempo prima o erano disponibili sul mercato già da anni. Ne è un esempio il modello i-REAL della Toyota, che fu presentato durante un motor show nel 2007 e fece la propria apparizione addirittura in Top Gear, il famoso programma televisivo del Regno Unito dedicato ai motori!
Questo dispositivo potrebbe facilmente passare per una carrozzina elettrica. Plant Queer non risparmia commenti su quanto sia ingombrante i-REAL: “spero che oggi non abbiate in programma di passare da qualche porta”. E no, guidarla all’interno di edifici potrebbe non essere la migliore delle idee, perché non si tratta di una carrozzina, bensì di un veicolo a propulsione elettrica che può essere guidato su strada e raggiungere una velocità di 30 km/h.
Prospettive divergenti sulle carrozzine
Mentre avanzavo nella mia investigazione, ho scoperto che molte delle carrozzine dall’aspetto bizzarro presenti nei tweet di Plant Queer erano in realtà state progettate con considerevole lungimiranza. Ad esempio, alcune di queste sono costruite con materiali leggeri, durevoli e di supporto come il poliuretano, che permettono di modificare gli ausili per la mobilità quali ruote e altre parti. Queste accortezze consentono alle persone che le usano di superare barriere ambientali come per esempio le scale.
Altri prodotti dedicati alle persone con disabilità potrebbero essere difficili da immaginare e da capire senza prima provarli. Ad esempio, la carrozzina qui sotto ha vinto l’iF Student Design Award 2015. Grazie al suo design questo dispositivo permette alle persone paralizzate dalla vita in giù di trasferirsi dal letto alla carrozzina in piena autonomia, semplicemente scivolando.
Plant Queer non riesce a immaginare come si possa usare questa carrozzina per andare in salita o impennare senza perdere l’equilibrio o cadere all’indietro. Una considerazione che va in senso opposto alle motivazioni espresse dalla giuria, che dichiarò che si trattava di “una carrozzina dedicata alle generazioni più giovani, intesa a creare un senso di libertà e a incentivare la mobilità. L’idea è innovativa e serve il suo fine”.
Infine, Plant Queer ha commentato il seguente prodotto, grazie al quale “potrete mimetizzarvi con l’arredamento… cosa di cui, francamente, non sentivamo il bisogno visto che già ci sentiamo così”.
Quando il design inclusivo fa fiasco
Dunque, perché sentirsi insoddisfatti e delusi se sappiamo che i progettisti avevano a cuore l’accessibilità e l’inclusione per i loro design? In un'intervista, Kat Holmes ha spiegato cosa è andato storto nel design inclusivo. Holmes è direttrice della User Experience per Google Ads. In precedenza ha lavorato presso Microsoft per sette anni, dove ha diretto il programma per l’innovazione inclusiva dei prodotti. Secondo lei
“pensare al design inclusivo in termini di risultati e di oggetti rende l’impresa più difficile. Il design inclusivo è infatti un processo, non un esito”.
Holmes ha affermato che è fondamentale includere le comunità escluse nel processo di progettazione, invece di limitarsi a pubblicizzare loro il prodotto finale. I design inclusivi possono infatti rivelarsi ridicoli quando sono creati da progettisti che non hanno alcuna familiarità con le barriere che i loro prodotti cercano di superare. Coinvolgere le persone con disabilità nella fase di progettazione farebbe infatti la differenza.
Trarre ispirazione dalla comunità delle persone disabili
Una prova del successo di questo approccio è la Morph Wheel, per quanto Plant Queer ritiene sia scomoda a giudicare dal suo aspetto.
Il designer Duncan Fitzsimons ha inventato la Morph Wheel mentre studiava alla Royal College of Art di Londra. Originariamente aveva progettato questa ruota per biciclette pieghevoli, e non si rese conto del fatto che la sua invenzione potesse essere applicata alle carrozzine fino a quando non fu avvicinato da diverse persone disabili che ne hanno chiesto la fattibilità.
Grazie al sostegno di esperti di diverse discipline, di cui alcuni anche appartenenti alla comunità delle persone disabili, Fitzsimons inventò la Morph Wheel: la prima carrozzina al mondo dotata di ruote pieghevoli. Il design arrivò tra i finalisti del Saatchi & Saatchi Award for World Changing Ideas nel 2008. Oggi queste ruote continuano a essere ampiamente utilizzate nelle carrozzine in virtù del loro design compatto e del loro grado di portabilità per i viaggi in macchina e in aereo.
Che esperienze avete con il design inclusivo? Qual è il design più bizzarro o, al contrario, più utile in cui vi siete finora imbattuti?