Nell’intervista con la Community Heinz Frei parla della sua carriera e della sua «nuova» vita
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- 30 marzo 2022
- Schreiberling
Nell’intervista con la Community Heinz Frei parla della sua carriera e della sua «nuova» vita
Heinz Frei aveva 63 anni quando nel 2021 vinse la sua 35ª medaglia in competizioni internazionali ai Giochi paralimpici di Tokyo. Oggi si è ritirato dallo sport di alto livello e si sta abituando a una nuova vita di «pensionamento anticipato».
Nella sua biografia dice di aver pensato di ritirarsi diverse volte in passato, ma poi ha sempre continuato. Un altro ripensamento è fuori questione?
Heinz Frei: Sì, la mia presenza nello sport competitivo è definitivamente finita. Quando si invecchia, bisogna stare attenti a non diventare uno zimbello... Mi sono allenato più che mai nel periodo precedente a Tokyo e ho inaspettatamente conquistato una medaglia d’argento. È stato un momento estremamente commovente e un’ottima occasione per chiudere questo capitolo.
C’è stato molto clamore per la sua ultima apparizione in un’arena di alto livello. Sorpreso?
Addirittura ricevevo posta da persone che non conoscevo o conoscevo appena. Allo stesso tempo non posso che essere onorato da così tanti riconoscimenti e attenzioni. Non si può di certo dire che gli atleti disabili siano viziati in questo senso. Ho ricevuto numerosi inviti che ho accettato volentieri. A Oberbipp (BE), dove sono cresciuto e sono tornato a vivere, mi hanno dedicato la «Piazza Heinz Frei».
“Abbandonare qualsiasi sport… impensabile!”
Lo sport è un filo conduttore della sua vita.
A quanto pare è nei miei geni. Ero in movimento fin dalla più tenera età, dovevo sempre muovermi velocemente. Da giovane ho fatto diversi sport: atletica, ginnastica artistica, pallacanestro, sci di fondo. Sarei mai arrivato al top in una qualsiasi disciplina se non avessi una disabilità? Non lo so. Non ho mai dedicato troppi pensieri a queste cose. Ma le terribili conseguenze dell’incidente che subì all’età di 20 anni mi hanno spaventato. Non poter più fare sport era per me inimmaginabile!
Come è andato il nuovo inizio sulla carrozzina?
Sono stato fortunato a non aver dovuto seguire una riqualificazione professionale. L’azienda dove avevo completato il mio apprendistato come geometra era disposta a tenermi. Questo mi ha dato molta sicurezza e motivazione. Subito dopo la riabilitazione, mi sono iscritto al Club di carrozzina di Kriens, mi sono allenato regolarmente e ho iniziato a gareggiare. Un’esperienza chiave arrivò nel 1981, quando seguì in TV una maratona a Montreal e rimasi stupito nel vedere in campo atleti in carrozzina. Ho giurato a me stesso che un giorno ci avrei partecipato anch’io. Proprio lì vinsi nel 1987. Per vicende traverse, lo sport ha acquisito sempre più importanza nel corso del tempo.
Nella sua biografia parla anche molto apertamente della sua vita privata.
Ne è una parte integrante. Infatti, anche le esperienze personali al di fuori dello sport, positive o negative che siano, sono state formative e talvolta mi hanno aperto nuovi orizzonti. Inoltre, molte persone probabilmente non hanno idea delle limitazioni e dei problemi associati alla paraplegia. Per me, sport, lavoro e famiglia non sono mai stati completamente separati. Avevo un lavoro al 50%. Affinché la vita quotidiana in casa, specialmente con due bambini, non fosse troppo pesante, erano necessarie una buona organizzazione, una pianificazione e una disciplina. Tuttavia, grazie alla comprensione e alla considerazione reciproca, la maggior parte delle cose è filata liscia. Sono stati i miei anni migliori. Ero un semi-professionista felice, avevo alcuni sponsor, vincevo premi in denaro e bonus. Tutto questo ha anche eliminato gli ultimi dubbi riguardo a un’eventuale transizione a una vita completamente dedicata alla professione.
“Le prestazioni non sono così importanti, l’effetto dello sport sulla reintegrazione, sì.”
Nel 1998 si presentò un altro punto di svolta.
A 40 anni ho iniziato a pensare a cosa fare dopo. Per puro caso, l’Associazione svizzera dei paraplegici (ASP) cercava qualcuno che fondasse il dipartimento per le giovani leve. Fui interpellato e alla fine accettai. È stato un piacere e una soddisfazione ispirare i giovani in carrozzina a praticare lo sport, assistere ai loro progressi e accompagnare alcuni di loro mentre salivano sui podi più ambiti a livello mondiale. L’ambiente e le condizioni a Nottwil mi hanno anche incoraggiato, tra le altre cose, a perseguire una seconda carriera nell’handbike.
Lo sport può essere considerato come una specie di droga?
Facendo una semplificazione, sì. Ma l’attività fisica è irrinunciabile per le persone in carrozzina. La prevenzione delle complicazioni e il mantenimento della salute giocano qui un ruolo importante. Naturalmente, il successo fa bene, anche psicologicamente. Ma la ricerca della performance di per sé non è importante, mentre lo è l’effetto dello sport nella reintegrazione. E anche gli incentivi materiali in fin dei conti fanno la differenza. Perché anche un plurivincitore di Paralimpiadi e campione del mondo è lontano dall’essere sistemato economicamente alla fine della sua carriera.
Come ci si sente ad essere un “prepensionato”?
Molto bene. Non sento nessun “blues”. Soprattutto perché non mi sono arrestato bruscamente da 100 a 0 e non ho mai del tutto abbandonato l’altro mondo. Faccio sport quando mi pare e piace e apprezzo poter prendere decisioni più libere e spontanee nella vita quotidiana. Trascorro più tempo con la mia famiglia, ho una nipote, mi occupo anche delle faccende domestiche, e mi piace armeggiare e creare oggetti. Inoltre, continuo a occuparmi di alcuni mandati.
In quali ambiti è ancora impegnato?
Sono un ambasciatore della Fondazione svizzera per paraplegici FSP. In questo ruolo, tra le altre cose, guido i visitatori attraverso il campus di Nottwil o tengo conferenze. Sono anche presidente dell’associazione dei benefattori della FSP e membro del consiglio di amministrazione della Orthotec AG, che ha in corso alcuni progetti molto interessanti e innovativi. Infine, trasmetto la mia esperienza e le mie conoscenze ai giovani atleti o alle organizzazioni sportive. Difficilmente mi annoierò per il momento.
“Maldive? Non penso”
Nessun desiderio, come altri ex atleti di punta, di entrare ancora in politica?
In passato, ho avuto richieste occasionali dai partiti per candidarmi, per esempio, al Consiglio cantonale di Soletta. All’epoca, però, un ufficio pubblico sarebbe stato troppo per me in termini di dispendio di tempo. Ora, però, quella nave è salpata. Tuttavia, sono sempre rimasto molto interessato alla politica.
Quali carenze vede rispetto alle questioni più pressanti per le persone disabili?
In termini di copertura assicurativa, preoccupano alcune disuguaglianze tra le persone con difetti di nascita e quelle con incidente o malattia come causa di disabilità. C’è anche la necessità di recuperare il ritardo in termini di infrastrutture di trasporto e di risorse. Inoltre, sarebbe auspicabile che i “nostri” atleti fossero trattati allo stesso modo di quelli senza disabilità quando si tratta di bonus di successo. Le misure a tal fine potrebbero essere attuate in tempi relativamente brevi. Per altri progetti che comportano processi più lunghi, dobbiamo solo avere pazienza.
Qualche desiderio nel cassetto ancora da esaudire?
Non c’è una lista di ciò che potrei essermi perso e che devo assolutamente recuperare. Grazie allo sport, ho viaggiato parecchio per il mondo, ho vissuto molte esperienze straordinarie e indimenticabili e ho incontrato tante persone interessanti. Volare un domani alla volte delle spiagge alle Maldive? Non penso. Io e mia moglie non soffriamo di wanderlust. Preferiamo anche le vacanze attive, dove c’è molto da scoprire e dove le infrastrutture sono adatte a noi.
Consiglio di lettura (solo in tedesco):
Heinz Frei – 35 Medaillen und 40 Jahre Weltspitze (IT: Heinz Frei - 35 medaglie e 40 anni al top mondiale)
Biografia. Autore: Martin Born. 224 pagine ricche di immagini.
Pubblicato da Weber Verlag AG (Thun/Gwatt).
CHF 39.‒/EUR 35.‒
ISBN 978-3-03922-120-2