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Ritratti e storie

Peer coaching: una consulenza tra pari

Con myPeer Therese Kämpfer ha sviluppato una forma di consulenza applicabile a qualsiasi tipologia di malattia, dipendenza o esperienza traumatica

«I tuoi figli si vergognano di te?» «Come fai a salire su un aereo con la carrozzina?» «Hai ancora una vita sessuale soddisfacente?» Le domande che Therese Kämpfer come peer coach tetraplegica ha avuto modo di ascoltare al Centro svizzero per paraplegici di Nottwil (CSP) sono molte e diverse, ma tutte trattano aspetti di vita vera.

Venti anni fa Therese Kämpfer ha iniziato al CSP ad aiutare in modo concreto le persone che avevano subito una lesione midollare. «L’offerta è nata da un’esigenza», racconta la 66enne. All’epoca lavorava nella gestione della qualità del CSP e in questo ambito aveva dei colloqui con le pazienti e i pazienti prima delle dimissioni dalla clinica, per saperne di più sul loro grado di soddisfazione e i vantaggi ottenuti dal percorso di riabilitazione.

Tuttavia, i medici della clinica chiedevano regolarmente se poteva parlare con il paziente X o la paziente Y per porre domande specifiche su argomenti come la mobilità, la vita familiare e l’arredamento dell’abitazione.

Therese Kämpfer, fondatrice e presidente dell’associazione myPeer, durante una lezione.

Da più di venti anni Therese Kämpfer svolge un prezioso lavoro come peer coach e ora trasmette le sue conoscenze ad altre persone in vari corsi.

L’associazione myPeer vuole rivoluzionare il peer coaching

Quello che una volta era una piccola realtà del CSP oggi è diventato un movimento che coinvolge tutta la Svizzera, grazie a Therese Kämpfer e alla figlia Alexandra. Insieme hanno fondato l’associazione myPeer nel febbraio del 2021.

La loro visione è far sì che nel settore sanitario i peer coach possano diventare parte integrante di team interdisciplinari e aiutare le persone interessate. Le figure peer sono esperte per esperienza; le loro conoscenze e la loro comprensione della materia sono estremamente preziose. «Per noi è sempre stato chiaro che questo tipo di sostegno è importante per ogni tipo di malattia, dipendenza o esperienza traumatica», afferma Therese Kämpfer.

Quando le persone hanno un incidente o si ammalano gravemente, si pongono mille domande. Temono che la loro esistenza sia in pericolo o dubitano che possano ancora avere una vita piena di soddisfazioni. Chiunque abbia vissuto la stessa esperienza conosce bene queste paure.

«Le cure mediche in Svizzera sono molto valide. Però spesso non ci sono persone competenti nel dare sostegno nelle questioni di vita quotidiana».

Therese Kämpfer, presidente di myPeer

L’associazione myPeer forma coach professionisti specializzati nel fornire consulenza e assistenza: «Il fatto di aver vissuto la stessa esperienza di per sé non basta». Saper gestire un colloquio, riflettere sui pensieri, rispettare la protezione dei dati, stabilire i propri limiti, conoscere i valori e saperli difendere: tutti questi sono aspetti che si affrontano durante la formazione.

I partecipanti a un corso di coaching di myPeer sono seduti in un grande cerchio. Nell’immagine in fondo Therese Kämpfer, presidente dell’associazione myPeer, è in sedia a rotelle e sta parlando con una donna.

I quattro corsi all’anno di myPeer sono al completo.

Dal 2022, oltre 160 persone con varie disabilità o che hanno subito traumi o incidenti di vario tipo hanno già completato un corso di formazione. Tra i partecipanti ci sono persone affette da burnout o depressione, da malattie come la sclerosi multipla, il cancro o con problemi di salute mentale, con dipendenza da alcol, affette da cecità o che vivono con le conseguenze di un ictus, nonché persone che hanno perso un figlio o un partner.

Il peer coach nella pratica

Una delle persone che ha terminato la formazione è Andrea Zemp, infermiera diplomata SSS, madre di tre bambini. Sua figlia è nata prematura e con la spina bifida. «Come mamma di una bambina con la spina bifida vorrei trasmettere le mie conoscenze ad altri genitori affinché possano trovare una soluzione adatta alla loro situazione».

Se un bambino si ammala o ha una disabilità, fornire consulenza e assistenza ai genitori è fondamentale. Tuttavia, nelle strutture ospedaliere spesso manca il tempo per questo compito così importante. «Per me lo scambio è molto importante. È bello che grazie alla consulenza una famiglia trovi un sostegno finanziario, psicologico o fisico».

Grazie alle attività di peer coaching molte informazioni preziose non vanno perdute e le future generazioni di genitori possono beneficiarne. Per Andrea Zemp questo aspetto è importante ed è per questo che mette a disposizione un elenco di link utili.

Andrea Zemp, coach di myPeer, va a spasso nella natura spingendo un passeggino e accompagnata dal suo cane.

Andrea Zemp aiuta i genitori che hanno avuto bambini prematuri e affetti da spina bifida.

Non abbandonare le persone al loro destino: questo è un impegno anche per Monika Rolli. Nove anni fa ha ricevuto una diagnosi di sclerosi multipla e ora offre trattamenti Reiki e attività come peer coach: «Alle persone con patologie croniche e somatiche e ai loro familiari mostro nuove prospettive in modo che sappiano affrontare le difficoltà poste dalla vita di tutti i giorni e migliorare il proprio benessere».

Già prima della formazione con myPeer Monika Rolli lavorava come consulente. Nel frattempo ha aperto il suo studio e lavora anche come docente a contratto e docente ospite in diverse scuole superiori e istituzioni.

Per lei quel che conta più di tutto è la persona con la sua salute: «Nel settore sanitario le attività di peer coaching offrono un altro punto di vista che è di grande valore sia per i pazienti che per gli operatori sanitari»

Monika Rolli, coach di myPeer.

Monika Rolli offre consulenza e assistenza alle persone affette da patologie croniche, psicosomatiche e con problematiche considerate tabù.

Serve più sostegno dalla classe politica

Quattro anni di myPeer significa quattro anni di battaglie affinché i peer coach possano essere riconosciuti e remunerati per il loro servizio. Therese Kämpfer è orgogliosa di quanto è stato raggiunto finora, ma sa anche che la strada è ancora lunga: «Le assicurazioni infortuni o le casse malati dovrebbero farsi carico dei costi per il lavoro dei peer coach», afferma convinta.

In realtà a tutt’oggi non ci sono finanziatori, fatta eccezione per alcune cliniche od organizzazioni. Per cambiare questa situazione servirebbe un riconoscimento della formazione a livello federale, che difficilmente myPeer potrebbe realizzare da sola. Per questo nel giugno del 2024 è nata un'associazione mantello per il lavoro peer.

«Per mostrare gli effetti positivi del nostro lavoro come peer sarebbe necessario uno studio scientifico. Speriamo di poter mettere in cantiere un progetto di questo tipo».

Therese Kämpfer

Alexandra Kämpfer e Ute John sono insegnanti nelle scuole professionali, formatori per adulti e infermieri specializzati in medicina intensiva, oltre a occuparsi dei corsi di formazione myPeer come responsabili. Assieme a Ursula Gröflin e Dominique Hirschi coadiuvano Therese Kämpfer nelle attività dell’associazione.

«Siamo orgogliosi che la formazione di myPeer abbia un riscontro così positivo e che i quattro corsi proposti all’anno registrino il tutto esaurito», afferma Alexandra Kämpfer. Nel 2026 la formazione di nove giorni sarà prolungata di qualche giorno, in modo da approfondire meglio alcuni contenuti. Il team di myPeer è riuscito a far conoscere le attività di peer coaching, e per farlo tutti si sono impegnati al massimo, con grande passione, flessibilità e creatività.

Alexandra Kämpfer, fondatrice e membro del comitato direttivo di myPeer, circondata da lavagne a fogli mobili durante una lezione.

Ute John, coach di myPeer, circondata da lavagne a fogli mobili.

Alexandra Kämpfer e Ute John insegnano nei corsi di formazione di myPeer

«La nostra visione è la stessa di quando abbiamo iniziato: i peer coach devono essere parte integrante del sistema sanitario», dichiara Alexandra Kämpfer. Per far sì che questo accada è importante avere un valido sostegno da parte della classe politica e portare avanti le proprie istanze assieme ad altre organizzazioni. «Lo scopo è far sì che il know-how sia riconosciuto e retribuito finanziariamente e che ogni istituzione possa integrare il lavoro dei peer coach nella propria missione»

Le offerte in Svizzera

Chi cerca un o una peer coach in Svizzera può farlo sulla piattaforma «Peer Pool» creata appositamente dall’associazione myPeer. Soprattutto per le persone con una lesione midollare anche l’Associazione Svizzera dei Paraplegici (ASP) offre una consulenza tra pari. Durante la prima riabilitazione i pazienti e le pazienti del CSP ricevono un supporto tra pari.

Vi siete mai rivolti a un peer coach? Siamo curiosi di conoscere la vostra esperienza in merito.

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