La rappresentazione della disabilità motoria in film e serie tv
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- 03 agosto 2018
- sile
La rappresentazione della disabilità motoria in film e serie tv
L’UNESCO afferma che l’educazione non è limitata alla scuola e agli istituti di formazione, ma viene fornita ai cittadini dovunque e senza restrizioni. Oggi, ciò è realtà grazie anche all’intrattenimento audio-visivo: serie tv sulla vita di medici, avvocati, poliziotti e cuochi rendono tutti un po’ “esperti” d’ogni genere d’argomento. Tale diffusione di conoscenze può quindi rivelarsi vantaggiosa per temi più marginalizzati e poco discussi.
Cosa accade dunque quando film e serie tv raffigurano personaggi con disabilità motorie? Essi veicolano messaggi che educano al rispetto e all’accettazione del diverso, oppure si limitano a riprodurre stereotipi e caratterizzazioni eccessivamente sentimentali della disabilità?
La diversità è il nuovo cavallo di battaglia della comunicazione sul piccolo schermo. Per distinguersi e attrarre spettatori, le trame s’arricchiscono di personaggi inusuali e proprio per questo unici e speciali: basti pensare all’astuto nano Tyrion di Il Trono di Spade (2011) o ai ragazzi protagonisti di Glee (2009), tutti impegnati in una lotta per il riconoscimento sociale. Sebbene la diversità fisica, razziale e di genere sia valorizzata, la paraplegia e la tetraplegia sono ugualmente temi che catturano l’attenzione del pubblico?
Purtroppo, non abbastanza. Ai personaggi in sedia a rotelle manca l’ironia capace di sdrammatizzarne la situazione e renderli i beniamini del pubblico. Una felice eccezione è Philippe, tetraplegico francese del film Quasi amici (2011). Dapprima rappresentato dal cliché di uomo scontroso e affetto da un profondo senso d’ingiustizia, nel corso della storia riscoprirà la gioia di vivere. Una felicità che invece è preclusa a William Traynor di Io prima di te (2016): sempre tetraplegico, sempre scontroso, ma con un pessimismo che nemmeno l’amore della giovane Louisa riuscirà a debellare. Esplicativa è a tal proposito la frase che il giovane rivolge all’amata: “Io non voglio che tu perda tutte le cose che un altro potrebbe darti”.
Ecco, il senso di perdita è ciò che accomuna tutti i personaggi con disabilità motorie: perdendo l’uso delle gambe, sembrano perdere anche la possibilità di essere riconosciuti dalla società come abili a condurre una vita uguale a quella degli altri. Così John Locke di Lost (2004) ripete come un mantra la frase “Non ditemi che non ce la posso fare”, Jake Sully di Avatar (2009) giustifica la decisione di andare sul pianeta Pandora con un “Ero stufo dei dottori che mi dicevano cosa non potevo fare”.
L’articolo 1 della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità (2006) conferma “il pieno ed uguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità”. Tuttavia, il disagio sociale percepito da questi personaggi fittizi sembra dimostrare che la stigmatizzazione e l’esclusione sociale persistano.
Per far vivere ai personaggi la vita che desiderano, gli sceneggiatori usano spesso stratagemmi quali il sogno, la guarigione o l’intervento soprannaturale. Nella puntata Dream on di Glee, per realizzare il desiderio di Artie Abrams di diventare ballerino viene utilizzato l’espediente di un sogno in cui il liceale guarisce dalla lesione midollare e si esibisce sul palco. Naufragato sull’isola, John Locke ritorna a camminare grazie alla “magia” del luogo e ottiene la vita avventurosa che gli è sempre stata negata. Infine, Jake Sully, impossibilitato a continuare la carriera di marine, viene sì inviato ad esplorare il pianeta Pandora, ma per mezzo di un corpo alieno capace di camminare.
Nei rari casi in cui gli sceneggiatori decidono di non eliminare magicamente la disabilità del personaggio, il suo handicap viene allora compensato dall’ottenimento di una caratteristica sovraumana. È il caso di Bran Stark, ragazzino protagonista del Trono di Spade che, divenuto paralizzato a seguito di una caduta, acquisisce il potere della preveggenza. O, ancora, il film sulla storia del genio dell’astrofisica Stephen Hawking (2014) che, pur essendo già brillante prima della sua disabilità, elabora la sua “teoria del tutto” quando è ormai confinato sulla sedia a rotelle.
E voi, credete che film e serie tv rappresentino fedelmente la vita di chi ha una disabilità motoria? Quale personaggio vi ha rubato il cuore?