Piangere non deve essere considerato come un segno di debolezza, bensì come un modo per esprimere le proprie emozioni
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- 17 settembre 2020
- Steve
Piangere non deve essere considerato come un segno di debolezza, bensì come un modo per esprimere le proprie emozioni
Se doveste chiedere in giro a persone a caso quali club conoscono, è probabile che rispondano con nomi di club calcistici, di yoga, di ballo e così via. Dubito che qualcuno menzioni mai un “club del pianto”, perché difficilmente sanno che un simile circolo possa esistere.
Ebbene sì, esiste eccome. Nel 2013 fu infatti fondato dall’imprenditore giapponese Hiroki Terai a Tokyo il primo club di pianto mai esistito. Quattro anni dopo Kamlesh Masalawala, un terapista della risata, gli ha fatto eco creando un “Healthy Crying Club” a Surat, in India.
I club di pianto sono luoghi in cui le persone possono esprimere emozioni quali tristezza, rabbia, frustrazione, agonia o addirittura felicità, dando sfogo al proprio pianto. Eppure sorge spontanea la domanda: perché mai dovremmo aver bisogno di simili club?
Lo stereotipo del pianto
Piangere rappresenta una complessa risposta fisiologica a uno stimolo emotivo. È sempre accompagnata dalla fuoriuscita di lacrime ma può anche includere singhiozzi, cambiamenti del ritmo respiratorio ed espressioni facciali. Generalmente, le persone sono portate a piangere quando si sentono tristi, spaventate, stressate, doloranti o, anche, felici.
Nel nostro mondo attuale, piangere in pubblico è spesso associato a bambini che vogliono attenzioni. Alcune società percepiscono il pianto in una stereotipata prospettiva di genere: se è visto come accettabile per le donne, non è altrettanto appropriato per gli uomini, che verrebbero considerati come “deboli” o non abbastanza “virili”.
Alla luce di tutto questo molti adulti preferiscono trattenere le lacrime e piangere tra quattro mura in totale assenza di terzi, per evitare di essere giudicati o visti come deboli. Per cambiare questi stereotipi e permettere alle persone di esprimere liberamente le proprie emozioni, sono nati dei club di pianto in Giappone e in India.
Dalle cerimonie di divorzio al primo club del pianto
Il club del pianto di Tokyo è stato fondato per fornire un luogo privo di giudizi dove le persone potessero esprimere le proprie emozioni attraverso il pianto, e poter così sentirsi sollevati. Le persone che visitano il club del pianto partecipano a una sessione cosiddetta di rui-katsu (letteralmente “attività di lacrime”) per alleviare il proprio stress. Per indurre il pianto spesso vengono passati film strappalacrime o canzoni tristi. Per esempio, ai partecipanti è stato mostrato un documentario sulle conseguenze del devastante terremoto del 2011 che colpì il Giappone orientale, che presentava tra l’altro persone gravemente ferite e sfollate dalle proprie case.
L’imprenditore Hiroki Terai ha avuto l’idea di offrire delle sessioni di pianto dopo aver organizzato con successo cerimonie di divorzio non ufficiali sin dal 2009. Ha affermato: “dovrebbe esistere un modo positivo per concludere un matrimonio e voltare pagina promettendo davanti ai propri cari di avviare un nuovo capitolo della propria vita”. Gli anelli nuziali vengono così distrutti alla fine della cerimonia di divorzio come simbolo della fine legale ed emotiva del matrimonio. La coppia di fresca separazione si lascia a una stretta di mano e celebra l’inizio della propria nuova vita con la famiglia e gli amici. Secondo Terai, “una volta conclusa la cerimonia, gli uomini spesso piangono e trovano sollievo”. Proprio per questo l’imprenditore ha deciso di fondare un club dedicato esclusivamente al pianto.
Il “Healthy Crying Club” in India
Il “Healthy Crying Club” di Surat, in India, è stato fondato sulla base della saggezza popolare secondo cui “un dottore dichiara un neonato in salute solo dopo che questo piange”. Il primo pianto di un bambino rappresenta il segnale più palese e rassicurante del fatto che tutto vada bene e che riesca a respirare. Di fatto la ricerca suggerisce che i neonati che non piangono alla nascita devono essere sempre monitorati per sospetta apnea.
Il fondatore del club Kamlesh Masalawala è dell’idea che le persone avrebbero corpo, mente e anima in piena salute se abbracciassero il pianto e lasciassero andare le proprie costrizioni emotive. In un intervista ha affermato:
“Quando invecchiamo finiamo per erigere dei muri attorno a noi che ci impediscono di esprimerci chiaramente. E, per la stessa ragione, i bambini sono emotivamente e fisicamente più in salute se comparati agli adulti, proprio perché riescono a piangere a comando”.
Piangere sia che ci si senta bene, che quando si sta male
Proprio sul tema del pianto il rinomato autore americano Lemony Snicket disse:
“A meno che non siate molto, molto forunati, sapete bene che un buon episodio di pianto prolungato può spesso farvi sentire meglio, anche se le vostre circostanze non sono minimamente cambiate”.
Le lacrime che versiamo non sono tutte uguali e vengono classificate in tre tipi diversi, ovvero di base, di riflesso ed emotive (o psichiche). Quelle di base sono lacrime costantemente prodotte dall’occhio con funzione lubrificante, umettante e di protezione dal pulviscolo. Quelle di riflesso sono prodotte quando l’occhio è esposto al contatto con sostanze irritanti come fumo, polvere, gas lacrimogeno o esalazioni di cipolla. Quelle emotive sono provocate da emozioni quali tristezza, felicità o altre emozioni forti.
Tra questi tre tipi, le lacrime emotive contengono la più alta concentrazione di ormoni dello stress. Ciò fa pensare che piangere versando lacrime emotive, al posto che trattenerle, potrebbe alleviare stress emotivo in eccesso.
Come sappiamo tutti, le persone non piangono solo quando sono tristi, bensì anche quando sono felici. Sono note come lacrime di gioia: queste lacrime sono versate quando ad esempio si vince la lotteria o si rivede qualcuno di caro dopo tanto tempo. I ricercatori dell’Università di Yale hanno trovato la ragione dietro questa reazione all’apparenza paradossale: piangere emotivamente potrebbe infatti ripristinare l'equilibrio emotivo dopo situazioni positive ma anche intense. Si tratta di un meccanismo importante perché uno stato emotivo normale è sinonimo di relazioni di qualità, cooperazione con le persone e buona salute mentale e fisica.
Gli svariati benefici del pianto
Piangere è effettivamente utile per diversi motivi. Può avere infatti un effetto auto-lenitivo, una sorta di regolazione emotiva. Piangere è inoltre una forma di comunicazione, usata non solo dai bambini che cercano l’attenzione della madre ma anche dagli adulti per segnalare la propria disperazione. Piangere inoltre può creare un legame tra le persone. Ne è un esempio quando una coppia si abbraccia piangendo dopo un litigio. E per finire: non dobbiamo dimenticarci che piangere è la prima cosa che facciamo appena usciti alla luce.
In conclusione, piangere non è un segno di debolezza. Secondo William Shakespeare, “piangere è diminuire la profondità del dolore”. Quindi: date sfogo alle lacrime e non trattenetele! Si tratta di un modo sano che noi umani abbiamo per esprimere il nostro stress emotivo.
Vi dà fastidio piangere in pubblico? Cosa ne pensate dei club del pianto?