Dalla positività alla neutralità riguardo al corpo
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- 13 aprile 2020
- kitwan
Dalla positività alla neutralità riguardo al corpo
Il proprio matrimonio dovrebbe rappresentare il giorno più bello della vita di una donna. Per molte spose un abito perfetto è quello che riesce a nascondere i loro difetti e farle brillare.
Nell’ottobre 2018 la Principessa Eugenie della famiglia reale britannica indossò un abito piuttosto speciale per il proprio matrimonio: una mise che lasciava scoperta la cicatrice sulla schiena, risultato dell’operazione a cui fu sottoposta da bambina per curare la sua scogliosi.
La storia della Principessa Eugenie è uno dei tanti esempi di body positivity (IT: positività riguardo al corpo): un movimento sociale che rimette in discussione la visione che la società ha dell’immagine ideale di un corpo. La decisione della Principessa Eugenie di indossare un abito che riveli la sua cicatrice trasmetteva un messaggio forte: chiunque può cambiare il modo in cui viene percepita la bellezza.
I movimenti di body positivity
Uno dei primi movimenti di positività riguardo al corpo risale alla fine degli anni ’60 e coincise con la comparsa del movimento di accettazione del sovrappeso. All’inizio si configurò semplicemente come un movimento contro la discriminazione sulla base dell’altezza o del peso di una persona, in particolare il cosiddetto “fat-shaming” (IT: derisione del sovrappeso).
Gradualmente però questo movimento registrò un cambiamento di paradigma, abbracciando il precetto secondo cui “tutti i corpi sono belli”. Di tanto in tanto emergono nuovi movimenti di body positivity, che si rivolgono a quelle persone che vengono escluse perché non rientrano nei canoni di bellezza tradizionali.
Nel febbraio 2019 Andrew Gurza, l’attivista per la disabilità a capo di un progetto sui sex toys, ha pubblicato in un tweet una foto di se stesso accompagnata dall’hashtag di sua invenzione #DisabledPeopleAreHot (IT: i disabili sono sexy). L’hashtag diventò virale e presto si trasformò in un movimento di positività riguardo al corpo. Molti imitarono Andrew tweettando #DisabledPeopleAreHot per mostrare al mondo che le persone con disabilità possono essere sexy e sentirsi ad agio nel proprio corpo come tutti gli altri.
La salita alla ribalta del movimento di body neutrality
Tuttavia, diverse persone si sono interrogate sull’impatto della body positivity: sotto sotto, è davvero un modello positivo? Molti ritengono che il concetto è stato abusato e distorto dai mezzi d'informazione di massa. Oggi infatti la positività del corpo viene spesso interpretata come semplice fiducia nel proprio corpo e l’eccessiva attenzione mediatica dedicata a questo movimento ha finito per esasperare alcuni. Invece di sentirsi emancipate, molte persone si sentono in colpa per non riuscire a sentirsi positivi ed amarsi per quello che sono. Così, si sentono ancora più alienate.
Per questo la body neutrality (IT: neutralità riguardo al corpo) è la nuova pietra angolare. Una ricerca ha dimostrato che “ripetere a se stessi frasi di autostima può essere di beneficio ad alcune persone, ma esercitare l’effetto opposto proprio su quelle persone che più ne hanno bisogno”. Questo è anche il motivo per cui attualmente la body neutrality sta guadagnando sempre più sostegno rispetto alla positività del corpo. Invece di concentrarsi sull’apparenza fisica, la body neutrality pone l’attenzione su ciò che il corpo fa, incoraggiando così la consapevolezza e l'accettazione. Non si limita quindi solo alla positività.
Anche Samantha Renke, un’attivista per i diritti dei disabili del Regno Unito, è a favore dell'idea di body neutrality. Nata con l’osteogenesi imperfetta, Samantha è perfettamente cosciente di quanto sia irrealistico amare incondizionatamente il proprio corpo. Ritiene che le persone disabili abbiano bisogno di altro oltre che qualche movimento che precetti amore e valorizzazione di se stessi, una capacità che secondo lei si impara solo con l’età. Per lei la body neutrality assume più senso perché sostiene le persone come lei, che combattono costantemente contro il proprio corpo e patologie mediche. Al posto di concentrarsi sulla bellezza e rifugiarsi dalla disabilità, mostra al mondo quanto può essere brutale quest’ultima.
Accettare e celebrare le differenze
Un progetto in Malesia offre un buon esempio di come possa essere attuata nella pratica la body neutrality.
Rozella Mahjhrin, cresciuta con un disordine di decolorazione della pelle e una voglia visibile sul viso, sa bene come i canoni convenzionali della bellezza possono rendere estremamente consapevole una persona del proprio aspetto, facendola languire nella disperazione. Nel 2015 Rozella lanciò un progetto online chiamato True Complexion, inteso a offrire l’opportunità di raccontare la propria storia alle persone che convivono con difficoltà fisiche.
True Complexion presenta un ampio ventaglio di individui: persone con disabilità, persone con condizioni mediche o problemi di salute mentale, o addirittura individui che combattono contro dipendenze. Le loro foto sono accompagnate da storie che raccontano tanto i loro momenti positivi che negativi. True Complexion celebra le differenze e incoraggia le persone ad accettare le proprie debolezze e paure: si tratta di aspetti normali della vita di cui nessuno dovrebbe avere vergogna. Questo riporta le persone alla realtà: va bene anche non essere “a posto”. Di seguito vi proponiamo alcune storie di primo piano presentate nel quadro del progetto:
Che cosa ne pensate del concetto di body neutrality? In che modo cercate di trovare un equilibrio tra il vostro ego positivo e negativo?