Jürgen Pannek, professore e urologo di lunga data al CSP. ci offre un’analisi interessante di come le persone con una lesione al midollo spinale affrontano la loro nuova quotidianità in carrozzina e cosa significa qualità di vita
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- 17 luglio 2024
- Christine Zwygart
Le differenze sono enormi. Lo sa bene Jürgen Pannek (61 anni) con oltre 28 anni di esperienza nel settore. In veste di urologo al Centro svizzero per paraplegici (CSP) si prende cura delle persone che, di punto in bianco, vedono la propria vita stravolta da una lesione midollare. Riceve regolarmente i pazienti per le visite di controllo e alcuni sono conoscenze di lunga data. Lo specialista ha quindi avuto modo di osservare che ogni persona vive diversamente il fatto di trovarsi sulla sedia a rotelle e la nuova quotidianità con questo mezzo.
«Permettere alle persone con una lesione midollare di avere una buona funzionalità è molto più facile che restituire una buona qualità di vita», di questo è convinto lo specialista. Nella fase di riabilitazione diverse forme di terapia servono a ripristinare o a migliorare le capacità motorie, sensoriali e autonome delle persone in carrozzina. La questione della qualità di vita è invece più complessa e sfaccettata: «Questa dipende da molti fattori ed è sempre legata a un momento ben preciso».
Parallelamente all’attività professionale Jürgen Pannek ha frequentato il corso di laurea in «Filosofia e medicina» dell’Università di Lucerna. Qui operatori sanitari, dirigenti di ospedali e di istituzioni mediche hanno l’opportunità di trattare questioni filosofiche e di discuterne insieme. «Io stesso volevo acquisire una nuova prospettiva sull’impatto che le nostre azioni hanno sui diretti interessati...»
«Non posso paragonare la mia qualità di vita a quella degli altri, in quanto mi manca la loro percezione delle cose».
Jürgen Pannek
Serve un buon equilibrio
Jürgen Pannek si è sempre posto delle domande filosofiche, ma non le hai mai analizzate in modo approfondito. Nella sua tesi di master si è occupato in modo esteso della felicità e dell’afflizione. Ha quindi deciso di esaminare da vicino un’ipotesi molto diffusa: la qualità di vita delle persone con una disabilità fisica è peggiore di quella delle persone senza una disabilità fisica?
La risposta è… sì e no. Non importa se una persona si muove con le proprie gambe o in carrozzina: certi eventi possono comportare alti e bassi temporaneamente per tutti: «Una vincita al lotto o un divorzio sono situazioni estreme che cambiano in modo dirompente la qualità di vita, ma non per sempre – con il tempo il loro impatto sulla qualità di vita tende a convergere».
Tuttavia, alcuni studi empirici mostrano anche che la qualità di vita delle persone con una lesione al midollo spinale è più elevata di quanto presume la società, pur restando significativamente più bassa rispetto a quella delle persone senza una disabilità. «Un buon equilibrio tra corpo, mente e spirito svolge un ruolo fondamentale nel modo in cui le persone valutano la propria condizione», spiega Jürgen Pannek.
Subito dopo un infortunio o una lesione la situazione è molto fragile. Le persone che hanno subito da poco una lesione al midollo spinale non riescono a giudicare se stessi e la propria situazione. Attraversano una crisi esistenziale, «sono spesso a pezzi, non vedono praticamente alcuna prospettiva», spiega l’esperto. Queste persone hanno bisogno di molto tempo prima di scendere a patti con la loro nuova situazione e di trovare ancora un senso nella vita.
«Come medico ho imparato dai miei studi a salvare vite», aggiunge Jürgen Pannek. Ma questo cosa significa? Significa solo mantenere le funzioni vitali o ridare qualità di vita?
«Se non è possibile una guarigione, oggi le persone con una disabilità migliorano la loro qualità di vita attraverso la partecipazione e l’autodeterminazione».
Jürgen Pannek
Due vite, due decisioni
Come base per la sua tesi di master l’urologo ha esaminato i casi di due persone che conosce o ha conosciuto personalmente e con requisiti di base simili.
Un ragazzo di 18 anni, muratore di formazione, ha riportato una tetraplegia incompleta in seguito a un incidente stradale. Dopo la riabilitazione si è riqualificato come ingegnere informatico, ha rilevato un’azienda di software e ora è amministratore delegato di una società innovativa. Ha completato vari corsi di formazione a livello universitario ed è attivo in politica e in vari consigli di amministrazione. Gioca anche a rugby in carrozzina e ha partecipato alle Paralimpiadi. «Ritiene che la sua qualità di vita sia buona; molte delle cose che ha vissuto da paraplegico non le avrebbe realizzate da persona non paralizzata».
Una ragazza di 21 anni ha riportato una tetraplegia incompleta dopo una caduta da cavallo. Dopo la riabilitazione ha cercato di riprendere la sua attività al maneggio, in quanto per lei i cavalli sono al centro della sua vita. Ha quindi iniziato a giocare a rugby in carrozzina, ma per lei una vita in sedia a rotelle e soprattutto l’impossibilità di andare a cavallo hanno rappresentato una perdita intollerabile in termini di qualità della vita. Così, due anni dopo l’incidente, ha scelto il suicidio assistito.
Perdita od opportunità
«Ogni individuo è responsabile di se stesso, della sua vita e del suo corpo», afferma Jürgen Pannek. Durante le visite non si tratta di imporre la propria opinione a una persona, bensì di fornire supporto e informazioni in modo che possa decidere in piena autonomia.
Per esempio, se un paziente oncologico in fase avanzata sceglie il suicidio questa è una scelta comprensibile. Quando si tratta delle persone con una lesione al midollo spinale, si ha generalmente meno comprensione, in quanto non hanno una patologia che li condanna a morte. «Se tuttavia questo desiderio esiste, è importante che il medico riconosca se la persona si trova in una condizione depressiva ed è consapevole della propria scelta».
«La qualità della vita non è immutabile per tutta la vita».
Jürgen Pannek
Queste domande sono difficili e pesanti. E ognuno di noi decide da sé cosa significa qualità di vita. Alcune persone in carrozzina sono semplicemente stanche: il loro corpo ha bisogno di risorse per compensare ciò che a loro manca.
Alla fine è una questione di personalità: «Si vede sempre e solo la perdita o anche nuove opportunità?». Jürgen Pannek sa che ci vuole la volontà di abbracciare le novità, di sfruttare le situazioni e di plasmare di nuovo la propria vita in modo da ritrovare una propria soddisfazione.
Forum per le questioni etiche
Al Centro svizzero per paraplegici c’è un gruppo che si occupa di questioni etiche. Il Forum Etica discute casi concreti, ma anche di direttive etiche e di collaborazione. Jürgen Pannek, come membro della direzione, è coinvolto in queste discussioni e afferma: «Il Forum deve incoraggiarci a esaminare le nostre azioni e a collocarle in un contesto generale».
Fari della speranza
Una vita degna di essere vissuta, nonostante la diagnosi di paraplegia. Cosa significa tutto questo? Quale ruolo ha la speranza, come la si riconosce e la si comprende? Il Forum Etica del Centro svizzero per paraplegici si è occupato di questa domanda: la speranza deve essere riconosciuta consapevolmente come risorsa e integrata nelle attività quotidiane di cura e riabilitazione. Affrontando questa tematica sono nati i cosiddetti «fari della speranza», ossia luoghi attorno alla clinica di Nottwil, che ispirano e motivano le persone dando sostegno e vitalità.
Ciò che lo ha sorpreso di più nella sua tesi di master è stata la difficoltà nel valutare in modo oggettivo la qualità della vita. I parametri da prendere in considerazione sono numerosi e in continua evoluzione. Funzionalità, integrazione nella vita privata e professionale, salute e soddisfazione. «Alla fine ogni persona decide da sola se la sua vita è degna di essere vissuta».
Cosa dovrebbe cambiare affinché possa cambiare in meglio la tua qualità di vita? In quali momenti sei pienamente felice?