Le infezioni delle vie urinarie sono un problema frequente per le persone para e tetraplegiche. Un nuovo approccio viene dalla Svizzera.
- 6 Minuti di lettura
- 18 aprile 2019
- Teresa
Le infezioni delle vie urinarie sono un problema frequente per le persone para e tetraplegiche. Un nuovo approccio viene dalla Svizzera.
Parte 1: Cause delle infezioni delle vie urinarie nelle persone con una lesione midollare
Le infezioni del tratto urinario rappresentano una delle complicazioni più comuni di una lesione spinale: ne soffre il 59% dei pazienti. La causa principale risiede nei batteri intestinali presenti nell’area dell’apertura uretrale che risalgono sino a giungere nell’uretra e nella vescica. Nel caso di contagi gravi l’infezione può diffondersi sino all’uretere e al bacinetto renale. Le infezioni recidive possono incidere profondamente sulla qualità di vita delle persone colpite.
Se desiderate sapere, come riconoscere e prevenire le infezioni delle vie urinarie, leggete questo articolo nel nostro Wiki.
Perché le persone para e tetraplegiche sono particolarmente esposte alle infezioni del tratto urinario?
Nella maggior parte delle persone con para e tetraplegia il cervello perde qualsiasi tipo di controllo sulla funzionalità della vescica, che risulta in molti casi compromessa. Se la vescica non viene regolarmente svuotata possono insorgere delle infezioni delle vie urinarie. Anche una carente igiene intima, un sistema immunitario indebolito, malattie metaboliche come il diabete mellito o la gotta, o una carenza di estrogeni durante e dopo la menopausa possono concorrere alla comparsa di infezioni nel tratto urinario.
Uno studio SwiSCI identifica nel catetere un fattore di rischio
Alcuni metodi di svuotamento della vescica possono avere ripercussioni importanti sul rischio di infezioni al tratto urinario. Un recente studio SwiSCI ha analizzato quali fattori di rischio possono portare a un’infezione delle vie urinarie nel corso della prima riabilitazione. Durante lo svolgimento dello studio il 43% dei partecipanti è stato colpito nella prima fase di riabilitazione da almeno un’infezione alla vescica (numero totale di partecipanti: 369).
Lo studio ha rivelato che tale rischio aumenta in particolar modo con l’utilizzo del catetere per svuotare la vescica. Tale fenomeno è indipendente dalla tipologia di catetere o dal fatto che quest’ultimo venga maneggiato autonomamente o dal personale curante. Indipendentemente dal metodo di svuotamento della vescica utilizzato, il rischio di infezioni al tratto urinario è superiore di 5-6 volte rispetto allo svuotamento naturale della vescica.
L’utilizzo del catetere comporta il pericolo di un’immissione di agenti patogeni dal catetere alla vescica. La maggior parte degli individui cateterizzati è tuttavia impossibilitata a urinare spontaneamente e il ricorso a tale ausilio rimane per loro la migliore alternativa possibile. Lo studio riporta inoltre che la scelta della metodologia dipende in larga misura dalla tipologia e dall’altezza della lesione, dal grado di autonomia nella cura del proprio corpo così come dall’età e dal sesso della persona.
Il rischio di infezione alle vie urinarie comportato dall’uso del catetere rimane pertanto difficile da minimizzare. Una soluzione possibile nella gestione dello svuotamento della vescica potrebbe essere fornita in futuro dalla cosiddetta neuromodulazione. Nel prossimo capitolo vi presentiamo uno studio SwiSCI che ha vagliato la possibilità di conservare la funzionalità della vescica e di scongiurare appieno la comparsa di danni irreversibili.
Parte 2: Ricerca sulla neuromodulazione – un trattamento rivoluzionario per salvaguardare la funzione vescicale?
Negli individui sani il controllo dello svuotamento della vescica avviene attraverso collegamenti nervosi che originano nel cervello e nel midollo spinale. Le vie nervose reagiscono in maniera strettamente concatenata e sono interconnesse tra loro da una serie di archi riflessi.
Nel caso di una lesione del midollo spinale, tale delicato controllo dei riflessi risulta purtroppo compromesso. La derivante disfunzione vescicale può portare a una sensazione distorta del grado di riempimento della vescica, a uno svuotamento insufficiente o assente della stessa così come a un’incontinenza urinaria. Se non si prendono immediatamente delle misure appropriate, la vescica è sollecitata da una tensione eccessiva e si corre il rischio di sviluppare infezioni che possono addirittura causare un’insufficienza renale.
Questo problema è ora al centro di un promettente studio SwiSCI finanziato dal Fondo nazionale svizzero. Sotto la direzione del neuro-urologo Dott. Thomas Kessler della Clinica universitaria Balgrist e in collaborazione con le quattro cliniche specializzate e la Ricerca svizzera per paraplegici, i ricercatori stanno analizzando le possibilità per minimizzare in via preventiva i danni irreversibili alla funzionalità della vescica.
Stimolazione elettrica nella fase iniziale della prima riabilitazione
Nel quadro dello studio persone con lesione midollare in fase acuta ricevono quotidianamente una stimolazione elettrica su determinati collegamenti nervosi. Secondo le previsioni dei ricercatori, tale stimolazione dovrebbe conservare il funzionamento dei riflessi responsabili della corretta funzione della vescica e dello sfintere. In tal modo si potrebbe garantire il funzionamento della vescica nonostante la lesione midollare e liberare le persone dal timore di incorrere in complicazioni.
Una pietra miliare?
Il procedimento proprio alla cosiddetta “neuromodulazione” è promettente dal punto di vista scientifico, ma ci sono insufficienti conoscenze sulla relazione con il tipo e il livello della lesione midollare, così come riguardo alle ripercussioni sul lungo termine.
Questo studio avrà il pregio di offrire un contributo notevole in questo campo: qualora le previsioni dei ricercatori dovessero essere confermate e la neuromodulazione mostrasse risultati promettenti, tale procedura diverrebbe una pietra miliare per la riabilitazione della vescica nei pazienti con lesione spinale. Il punto focale potrebbe così essere riorientato dalla cura di una disfunzione esistente alla prevenzione, rivoluzionando così la gestione della funzione vescicale. I primi esiti dello studio saranno verosimilmente disponibili entro la fine del 2022.
Parte 3: „Un decisivo passo avanti“ – Intervista al Dott. Thomas Kessler, precursore e direttore del progetto sulla neuromodulazione
Sig. Kessler, qualora il Suo studio dovesse dimostrare che la neuromodulazione può salvaguardare la funzionalità della vescica nei casi di lesione midollare, che cosa apporterebbe ciò in futuro alle persone para e tetraplegiche?
Le disfunzioni vescicali costituiscono uno dei problemi principali con cui si devono confrontare le persone para e tetraplegiche. Spesso infatti tali disfunzioni, che compaiono in seguito alla lesione spinale, comportano una forte limitazione della qualità di vita e rischi per la funzione renale, imponendo così il ricorso a un’assistenza e spesso anche a una terapia urologica che si protraggono per tutta la vita. Se riuscissimo ad alleviare tale problematica, avremmo fatto un notevole passo avanti per i nostri pazienti!
I pazienti percepiscono la stimolazione elettrica dei nervi? È una procedura dolorosa?
La stimolazione elettrica è mantenuta sotto la soglia di percezione; ciò significa che la procedura non è percettibile e pertanto non dolorosa per il paziente.
Perché per i pazienti cateterizzati sussiste un rischio relativamente alto di sviluppare infezioni alla vescica, come hanno dimostrato i risultati dello studio SwiSCI? Come potrebbe essere minimizzato tale rischio?
Nel fisico dei pazienti cateterizzati viene introdotto un corpo estraneo. A differenza di uno svuotamento naturale della vescica attraverso le vie urinarie, tale procedura comporta un maggior rischio di infezione vescicale. Attraverso il materiale estraneo vengono introdotti nel corpo batteri che possono causare un’infezione. Bisogna inoltre tenere conto del fatto che volumi più importanti di urina comportano un rischio d’infezione ancora più alto, sicché il cateterismo viene visto come il “male” minore.
Ove possibile è preferibile optare per una cateterizzazione autonoma intermittente piuttosto che per una permanente: essa infatti permette un’esposizione più breve del corpo al materiale estraneo diminuendo così nettamente il rischio di infezioni alla vescica rispetto al cateterismo a permanenza (ove il catetere rimane permanentemente nel corpo). Per minimizzare tale rischio è auspicabile puntare su uno svuotamento naturale delle vie urinarie.
Come si curano le infezioni alle vie urinarie? In quali condizioni è ragionevole ricorrere agli antibiotici?
Idealmente, prima di procedere a una terapia antibiotica, è importante scegliere l’antibiotico giusto. Per questo è necessario svolgere un accertamento su una coltura di urina per esaminare lo spettro di resistenza batteriologica. Senza questo accertamento si corre il rischio di scegliere un antibiotico “sbagliato”, che non uccide i batteri presenti e può portare allo sviluppo di una resistenza anche nei confronti dell’antibiotico opportuno.
Nella maggior parte dei pazienti, tanto in quelli che ricorrono al cateterismo autonomo intermittente quanto coloro che si avvalgono invece del cateterismo permanente per svuotare la vescica, gli esami delle urine rivelano la presenza di batteri nella vescica. Ma fino a che i batteri non causano alcun disturbo, la terapia antibiotica è da escludersi.
da: Swiss Spinal Cord Injury Cohort Study Newsletter 1/2018